Paliotto policromo navata centrale
Questo paliotto “di architettura” in stile barocco, realizzato con la tecnica della tarsia marmorea piana o a “marmi mischi” (m 2,58 x 1,02), è probabilmente da identificare con quello commissionato nel 1707 dal Barone don Gaetano Ventimiglia a Domenico Magrì, marmoraro specializzato palermitano, che qualche anno prima assieme a Filippo Dedia, aveva realizzato a Palermo i paliotti delle cappelle di San Benedetto e del Crocifisso, della chiesa dell’Immacolata Concezione al Capo.
Posto alla base dell’altare principale, sul frontone è ubicato lo stemma della famiglia Ventimiglia, mentre la scena dal ricercato senso prospettico, raffigura un pregevole spazio architettonico urbano barocco, inquadrato da un arco con logge laterali e colonne tortili. Al centro della composizione trova luogo una fontana esagonale zampillante, la “fons vitae”, sulla quale si trovano altre sei colonne tortili, tema questo che ritorna in tanti altri manufatti coevi, tra cui il paliotto dell’altare della Madonna di Libera Inferni, posto prima nella cattedrale di Palermo e poi spostato nel santuario di Gibilmanna.
I materiali utilizzati sono il marmo bianco di Carrara; la pietra gialla di Castronovo; il rosso di Castellammare; il grigio di Billiemi e la “pietra di calcara”, un materiale vetroso di colore azzurro brillante, ricavato dalle scorie prodotte nelle fornaci da calce, utilizzata in particolar modo per il colore del cielo.